venerdì 27 agosto 2010

IL NATURALISMO INFORMALE DI RODOLFO TONIN: LA SILENZIOSA PRESENZA DELL'INEFFABILE


“Sono costretto a continue trasformazioni, perché tutto cresce e rinverdisce. Insomma, a forza di trasformazioni, io seguo la natura senza poterla afferrare, e poi questo fiume che scende, risale, un giorno verde, poi giallo, oggi pomeriggio asciutto e domani sarà un torrente.”
Claude Monet

Rodolfo Tonin, promosso da Falpa Promozione Arte, possiede un ricco e prestigioso curriculum, annoverando al proprio attivo numerose mostre personali e collettive, in Italia e all'estero.
La sua è una pittura squisita, peculiare e poliedrica, densa di spunti e risonanze, che attinge da modelli e correnti artistiche del passato per arrivare a rielaborare uno stile personale unico e in continua evoluzione, ma che richiede diversi e variegati livelli di lettura.
Egli eredita dal naturalismo lombardo del XIX secolo il respiro ampio e grandioso di una natura esplorata “en plein air”, insieme all'uso magistrale della luce e a un cromatismo scompigliato, impastato e sfumato, in grado di suscitare balzi sinestesici sorprendenti e suggestivi.
Se è vero, come affermò Friedrich Schelling, che “la natura è vita che dorme”, la pittura di Tonin, in cui domina una sensibilità di tradizione romantica, è in grado di cogliere e restituire appieno il senso di questa sottile e affascinante ambivalenza, riuscendo a trasmettere sia la sensazione di quiete maestosa e dormiente, sia l'intrinseca e vibrante vitalità che essa racchiude “in nuce” .
L'arte può divenire “natura concentrata”, come asserì Honorè de Balzac, solo nel momento in cui sia capace di rinunciare a un virtuosismo vuoto e imparaticcio, finalizzato a una mera emulazione del reale che risulta inevitabilmente micragnosa e al contempo pleonastica, poiché nulla aggiunge e nulla rivela, e, anzi, banalizza e depaupera qualsiasi tipo di ermeneutica e di teleologia “de rerum natura”.
E Rodolfo Tonin, con la sua pittura, riesce brillantemente a compiere questo processo che permette all'arte di trasformarsi, appunto, in natura concentrata.
Nelle trame delle sue tele è intessuta la quintessenza della Natura, che, come in un gioco di scatole cinesi, racchiude correlazioni inaspettate tra significanti e significati, stimolando lo spettatore a forgiare nessi nuovi e inesplorati che conducano a un senso “altro”, adottando modalità d'interpretazione analogiche ed emotive, e oltrepassando i confini dell'ortodossia semantica per approdare, come meta ultima, a carpire e percepire l'ineffabile. E proprio qui sta la valenza profondamente autentica del suo nucleo “impressionista”, che emerge, sul piano estetico, attraverso l'impiego di colori forti e incisivi, di contrasti cromatici, di sapienti alternanze di luci e ombre, e, sul piano concettuale, viene reso con uno stile del tutto singolare, in virtù del quale il mondo reale viene rappresentato non in quanto entità fenomenologica sovraordinata, ma come fosse lo specchio di un mondo interiore di immensa portata e dotato di sfaccettature dinamiche, temerarie e visionarie.
Nei quadri di Rodolfo Tonin la figura umana quasi non appare, ma, anche se ciò può sembrare un paradosso, essa è invece poderosamente presente, seppure in modo silente e implicito. L'uomo è parte integrante della natura e dei suoi cicli; la sua appartenenza al mondo naturale è radicata e atavica, ed emerge grazie alla soggettività imprescindibile dello sguardo sulle cose, che proietta su questa natura una compagine incommensurabilmente assortita di sentimenti e sensazioni.
La potenza espressiva di questo raffinato artista si esprime mediante una tecnica che utilizza campiture ampie e spaziose, e che talvolta “de-forma” prospettive e rapporti volumetrici per costruire sembianze inconsuete, cangianti e impetuose, adoperando il colore in maniera materica, come fosse sostanza viva e pulsante da far gocciolare, da distendere con la spatola, da comprimere, raggrumare, graffiare o declinare in illimitate possibilità tonali. Tonin ricalca così le suggestioni espressionistiche dell'astrazione informale per creare un impatto emotivo immediato e “violento”, quasi drammaturgico, dove l'effetto cromatico prevale sulla forma, pur senza mai sacrificare l'equilibrio estetico e compositivo. E la forma viene trascesa per addentrarsi in dimensioni semiologiche più complesse e articolate, che si esplicano per mezzo di traslitterazioni da un universo di segni a un altro.
Altre volte, invece, i suoi dipinti trasmettono un senso di freschezza giocosa e gioiosa, dove gli elementi naturali si intersecano e si incontrano per plasmare contrappunti delicati e armoniosi, corollari di polifonie cromatiche dense di dolcezza, e dove la forma non viene “de-formata”, ma esaltata nella sua essenzialità, come se contenesse nella sua foggia una perfezione ontologica che non ha bisogno di ulteriori specificazioni e manipolazioni. In queste opere viene sottolineata la vis raffigurativa dell'eidos (dal greco: forma), intesa secondo l'accezione che possedeva nella filosofia platonica, e dunque concepita come sembianza non solo esteriore, ma come entità che include l'essenza profonda delle cose.
Qui la natura viene spesso rappresentata in tutta la sua eleganza discreta e silenziosa, che ne risalta la dimensione assoluta e quasi atemporale, e il ritmo delle stagioni è scandito in modo lieve e soffuso, talora con velata e mesta malinconia.
Nel complesso lo stile compositivo di Tonin sembra dunque incarnare l'irrisolvibile tensione delle pulsioni umane, che connota l'intero avvicendarsi dell'esistenza, perennemente in bilico tra dicotomie che fondano i presupposti della vita stessa.
Così l'uomo, nel suo viaggio incessante verso di sé, attraversa buio e luce, dolcezza e violenza, dinamismo e stasi, e, soprattutto, può ritrovare il senso profondo della propria “fusis” (dal greco: natura) nel digradare dolce di una collina, nell'inquietudine brumosa di un cielo, nel serpeggiare di un greto, nelle fronde lussureggianti di un albero, nel bianco opalescente di un paesaggio innevato. Il susseguirsi ciclico degli eventi naturali rispecchia quindi la circolarità ineludibile dell'esistenza umana: sempre uguale ma sempre diversa.

"Un prodotto organizzato dalla natura è un prodotto dove tutto è reciprocamente fine e mezzo; in esso, nulla d'inutile, privo di scopo, o dovuto ad un cieco meccanismo naturale."
Immanuel Kant

Chiara Manganelli